sabato 25 febbraio 2012

PS (Pronto Scandalo)

Quando in Italia c'è un problema e lo si trascina da anni, ecco che a un certo punto compare uno scandalo che indigna tutti, fa parlare i giornalisti e sortisce l'effetto di concentrarsi sulla soluzione degli effetti più che sulla correzione delle cause. Capita quindi che un giornalista decida di fare un'inchiesta sul Pronto Soccorso dell'Umberto I di Roma e scopra quello che i cittadini italiani sanno da tempo, ovvero che il nostro sistema sanitario fa acqua da tutte le parti. 
I perchè sono tanti. Non si può parlare di carenza di organico (farebbe ridere in un paese dove per anni ci sono stati quasi più medici che malati). Il problema non è quantitativo ma qualitativo. Chi lavora negli ospedali pubblici sa bene che l'età media dei medici assunti a tempo indeterminato è simile a quella di Rita Levi Montalcini. Colleghi di sessanta, quasi settanta anni che svolgono ancora turni di notte e festivi. Questo ovviamente non perchè i giovani non abbiano voglia di lavorare, tutt'altro. I giovani medici negli ospedali si suddividono in due categorie: i "privilegiati", ovvero assunti a tempo determinato con stipendi non all'altezza del compito che svolgono. La seconda categoria, quella degli schiavi, si suddivide a sua volta in due sottocategorie: gli schiavi remunerati, ovvero i medici specializzandi o i borsisti, e dopo di loro i "paria", i cosiddetti "medici volontari" che prestano la loro opera professionale in maniera del tutto gratuita in attesa che qualche santo in paradiso si ricordi di loro. 

La precarietà dei medici che operano nel SSN si ripercuote sull'organizzazione dello stesso. E' evidente che un medico anziano, assunto a tempo indeterminato, abbia perso nella maggioranza dei casi l'entusiasmo e la tenacia professionale che invece caratterizza i giovani preferendo magari, alla pratica clinica quotidiana, un lavoro più soft di consulenza per i casi più difficili e di guida per le nuove generazioni. Il giovane medico, a sua volta, mal pagato e precario, svolge il suo compito "tirando a campare", passando da un ospedale all'altro, svolgendo compiti non selezionati in base all'interesse e alle capacità ma quasi esclusivamente sulla base della richiesta del mercato del lavoro. Capita quindi che in Pronto Soccorso, grande insalatiera di giovani medici precari, lavorino colleghi i quali avrebbero voluto fare altro (magari quello per cui si sono specializzati) e invece per campare debbono scegliere una vita che non avrebbero voluto condurre, comunque al meglio delle loro possibilità. 

E' necessario che la sanità pubblica, da subito, produca un ricambio generazionale negli ospedali e garantisca ai giovani un posto di lavoro che li appaghi sia professionalmente che economicamente. Sul fatto di scgeliere i primari in base al merito e non all'appartenenza politica e/o all'affiliazione a questo o quel gruppo di potere... per i miracoli dobbiamo ancora attrezzarci. 
 

sabato 4 febbraio 2012

I figli della schifosa

Premettendo la mia generale simpatia per il governo Monti (quando mangi uova marce per vent'anni anche il pane raffermo ti sembra una benedizione), le esternazioni di Martone (quello dei 28enni laureandi sfigati, per intenderci) sono francamente al di là del bene e del male. 
Martone è diventato Professore Ordinario a 31 anni. Chi bazzica l'ambiente univesitario sa bene che l'evento è paragonabile, in rarità ed importanza, al primo allunaggio dell'umana specie. Regalandogli comunque la presunzione di innocenza, sull'elenco delle motivazioni di cotanta gloria non rimane che il merito. Ebbene il giovane Martone avrà quindi prodotto dieci, venti, quaranta pubblicazioni... ne risulta una, a dire il vero, con un'altra in progress. La vicenda assume contorni così inquietanti da meritare un servizio a Voyager. 

Facciamo un gioco, caro Martone, si chiama "gioco della verità". Il mio paese, anzi il NOSTRO paese, per la stragrande maggioranza dei casi corre a due velocità. Ci sono i figli e gli amici dei potenti, e poi ci sono i figli di nessuno. Quelli che possono anche laurearsi nella culla col massimo dei voti, studiare fino a notte fonda per ogni esame da sostenere e persino pagare le tasse universitarie senza dichiarare lo stato di calamità finanziaria senza poi presentarsi a lezione con la Ferrari del papi. Gente che silenziosamente ha visto passare davanti a sè i figli dei professori, dei notabili, dei potenti e potentissimi, senza mai nemmeno lamentarsi dello schifo che li circondava. Gente onesta, che non ha avuto la "fortuna" di nascere in una famiglia "per bene" o di diventare lo schiavetto di qualsivoglia signorotto di turno. 

Ma va bene così. Perchè gli insulti fanno male solo quando nascondono una verità. E chi non si è mai nascosto dietro ad una raccomandazione ed ha sempre lavorato ed operato nella più limpida delle trasparenze non ha bisogno nè di difendersi nè di controbattere. Un orgoglio da "figli della schifosa" che non ci toglierete mai.

mercoledì 1 febbraio 2012

Da molti anni, ormai, c'è una parte della società che nessuno difende. L'assoluta mancanza di programmazione e una buona dose di populismo hanno portato la politica a dimenticare che esiste anche un futuro. Così tutte le categorie scendono in piazza e protestano vivacemente per difendere i loro diritti acquisiti (spesso sbagliati): i tassisti le loro licenze, i farmacisti i prodotti in fascia C, i lavoratori a tempo indeterminato l'articolo 18, i vecchi le loro pensioni e così via. C'è tuttavia un silenzio quasi inquietante nella sfera delle lamentele italiane, ed è quello dei giovani. 
Qualcuno può pensare che siano tutti ancora all'università, "sfigati" che a 28 anni ancora non si sono laureati. Ci sono, non c'è dubbio, e forse più che offendere la politica farebbe bene ad analizzare il problema e capirne le radici. Oppure si può supporre che gli under 40 siano così tanto indaffarati da non avere il tempo di aprir bocca per esprimere il loro dissenso, ipotesi smentita dai dati degli ultimi giorni che parlano di un disoccupato su tre nel mondo giovanile. La verità, forse, è che la nostra generazione non conosce un solo diritto in ambito lavorativo e sta zitta solo perchè parlando difenderebbe il nulla. 
Se si pensa alla difesa dell'articolo 18, che di fatto "sposa" il dipendente alla sua azienda finchè pensione non li separi, mi chiedo quanti siano i giovani interessati dalla riforma. Pochissimi. Oppure dall'innalzamento dell'età pensionabile, dal momento che è opinione diffusa fra i coetanei l'idea che tanto in pensione non ci andremo mai. A dircelo è anche quella barzelletta chiamata "gestione separata INPS" che mangiucchia i soldi con cui dovremmo pensare al nostro futuro per foraggiare i "baby pensionati" che percepiscono migliaia di euro al mese da quando qualcuno pensò bene di mandarli in pensione a 50 anni. 
Se sopravviviamo e, in alcuni casi selezionati, siamo anche in grado di costruirci un futuro, è solo grazie a genitori virtuosi che sono riusciti a risparmiare nel passato per consentirci di andare avanti. L'Italia non è un paese per giovani. Tutti hanno diritto di parola: pensionati, lavoratori pubblici, privati, persino gli evasori hanno trovato nella Lega Nord il paladino delle loro battaglie. Noi questo diritto non l'abbiamo, e non ci viene negato dalla politica, ma dai nostri concittadini che, per difendere privilegi sbagliati accumulati nel tempo, schiacciano le nuove generazioni e impedisce loro di entrare nel mondo del lavoro con nemmeno la metà dei diritti in loro possesso. Una vera e propria lotta di generazione. Ma oggi rivolgo la mia domanda al mondo al quale mi sento di appartenere: cosa significa essere di sinistra? Significa arroccarsi su posizioni e privilegi impossibili da continuare a mantenere oppure aprirsi al cambiamento e difendere il futuro del nostro paese? Il giorno in cui avremo un partito di sinistra in grado di discernere con maggiore attenzione chi sono veramente i deboli, forse avremo la speranza di voltare pagina dallo schifo che per anni abbiamo sopportato.