mercoledì 1 febbraio 2012

Da molti anni, ormai, c'è una parte della società che nessuno difende. L'assoluta mancanza di programmazione e una buona dose di populismo hanno portato la politica a dimenticare che esiste anche un futuro. Così tutte le categorie scendono in piazza e protestano vivacemente per difendere i loro diritti acquisiti (spesso sbagliati): i tassisti le loro licenze, i farmacisti i prodotti in fascia C, i lavoratori a tempo indeterminato l'articolo 18, i vecchi le loro pensioni e così via. C'è tuttavia un silenzio quasi inquietante nella sfera delle lamentele italiane, ed è quello dei giovani. 
Qualcuno può pensare che siano tutti ancora all'università, "sfigati" che a 28 anni ancora non si sono laureati. Ci sono, non c'è dubbio, e forse più che offendere la politica farebbe bene ad analizzare il problema e capirne le radici. Oppure si può supporre che gli under 40 siano così tanto indaffarati da non avere il tempo di aprir bocca per esprimere il loro dissenso, ipotesi smentita dai dati degli ultimi giorni che parlano di un disoccupato su tre nel mondo giovanile. La verità, forse, è che la nostra generazione non conosce un solo diritto in ambito lavorativo e sta zitta solo perchè parlando difenderebbe il nulla. 
Se si pensa alla difesa dell'articolo 18, che di fatto "sposa" il dipendente alla sua azienda finchè pensione non li separi, mi chiedo quanti siano i giovani interessati dalla riforma. Pochissimi. Oppure dall'innalzamento dell'età pensionabile, dal momento che è opinione diffusa fra i coetanei l'idea che tanto in pensione non ci andremo mai. A dircelo è anche quella barzelletta chiamata "gestione separata INPS" che mangiucchia i soldi con cui dovremmo pensare al nostro futuro per foraggiare i "baby pensionati" che percepiscono migliaia di euro al mese da quando qualcuno pensò bene di mandarli in pensione a 50 anni. 
Se sopravviviamo e, in alcuni casi selezionati, siamo anche in grado di costruirci un futuro, è solo grazie a genitori virtuosi che sono riusciti a risparmiare nel passato per consentirci di andare avanti. L'Italia non è un paese per giovani. Tutti hanno diritto di parola: pensionati, lavoratori pubblici, privati, persino gli evasori hanno trovato nella Lega Nord il paladino delle loro battaglie. Noi questo diritto non l'abbiamo, e non ci viene negato dalla politica, ma dai nostri concittadini che, per difendere privilegi sbagliati accumulati nel tempo, schiacciano le nuove generazioni e impedisce loro di entrare nel mondo del lavoro con nemmeno la metà dei diritti in loro possesso. Una vera e propria lotta di generazione. Ma oggi rivolgo la mia domanda al mondo al quale mi sento di appartenere: cosa significa essere di sinistra? Significa arroccarsi su posizioni e privilegi impossibili da continuare a mantenere oppure aprirsi al cambiamento e difendere il futuro del nostro paese? Il giorno in cui avremo un partito di sinistra in grado di discernere con maggiore attenzione chi sono veramente i deboli, forse avremo la speranza di voltare pagina dallo schifo che per anni abbiamo sopportato.

1 commento:

  1. oh, in due post hai toccato due argomenti che ho a cuore, e che volevo affrontare nei giorni passati, poi il tempo (in tutti sensi) è venuto meno
    si vede che sei in forma, bentornato!
    luca

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